Recensione: Arma Infero - Fabio Carta

10/09/2015

Titolo: Arma Infero - Il mastro di forgia
Autore: Fabio Carta
Serie: Arma Infero #1
Pagine: 693
Ebook: 1.99 
Editore: Inspired Digital Publishing
Genere: Fantascienza
Anno di pubblicazione: 2015

Trama: Su Muareb, un remoto pianeta anticamente colonizzato dall'uomo, langue una civiltà che piange sulle ceneri e le macerie di un devastante conflitto. Tra questi v'è Karan, vecchio e malato, che narra in prima persona della sua gioventù, della sua amicizia con colui che fu condottiero, martire e spietato boia in quella guerra apocalittica. Costui è Lakon. 
Emerso misteriosamente da un passato mitico e distorto, piomba dal cielo, alieno ed estraneo, sulle terre della Falange, il brutale popolo che lo accoglie e che lo forgia prima come schiavo, poi servo e tecnico di guerra, ossia "mastro di forgia", e infine guerriero, cavaliere di zodion, gli arcani veicoli viventi delle milizie coloniali. Ed è subito guerra, giacché l'ascesa di Lakon è il prodromo proprio di quel grande conflitto i cui eventi lui è destinato a cavalcare, verso l'inevitabile distruzione che su tutto incombe.

Recensione:
Arma Infero è un libro di fantascienza, ambientato nell'inospitale pianeta di Muareb. Inospitale perché non ci sono né erba né mare in questo mondo, solo laghi salati e sabbia. Non ci sono animali, ma soprattutto l’aria non è respirabile per l’uomo. I primi coloni hanno cercato con la scienza di sopperire a tutte queste mancanze e di rendere Muareb un pianeta abitale. Ma dopo secoli in cui la civiltà è finalmente riuscita a fiorire e prosperare, l’uomo infine è riuscito a distruggere quasi tutto, rendendo il pianeta tossico, radioattivo e velenoso. Se prima vivere era difficoltoso, ora sopravvivere è una labile speranza più che una reale possibilità.

Cosicché, davanti al problema di quell'aria asfissiante e diradata, l’ingegnosa vanità dell’uomo colonizzatore aveva voluto renderla più densa per adeguare quantomeno la pressione alla sua biologia; solo dopo la superbia dell’uomo guerreggiante l’ha resa anche tossica.

Questo libro si contraddistingue per una trama ricca, dettagliata ma soprattutto molto fantasiosa e originale. L’incipit si apre con un vecchio che partecipa ad un pellegrinaggio, la cui conclusione è il Trono di Lakon. L’atmosfera è quasi mistica, sacrale, religiosa. Il fine ultimo però di questo pellegrinaggio, dell’adorazione di Lakon, è la connessione, aprire la propria mente agli altri e connettersi e scambiarsi informazioni gli uni con gli altri, una condivisione completa e sincera, perché solo inviando i propri pensieri per quello che sono, senza tradurli in parole o simboli, si può trasmettere un messaggio senza fraintenderlo o cambiarlo.
Quando i pellegrini si rendono conto che il vecchio ha vissuto e conosciuto Lakon, si radunano tutti intorno a lui per ascoltare la sua storia. E qui inizia il libro vero e proprio.
Karan racconta tutto fin nei minimi dettagli: di come è divenuto maniscalco, ovvero colui che sovraintendeva alle officine che producevano e aggiustavano le armi della Falange; di come ha incontrato la prima volta Lakon, un alieno fatto prigioniero, ritenuto prima spia del nemico e poi fatto schiavo, infine divenuto libero, mastro di forgia e cavaliere della Falange. La storia intreccia molte componenti: il lavoro nelle officine di Karan e Lakon, l’amore di Karan per una donna bellissima di nome Luthien, gli intrighi politici, l’iniziazione alla cavalleria, lo scatenarsi di una guerra feroce e crudele, un viaggio alla ricerca dell’arma definitiva per sconfiggere i nemici. Gli elementi sono tanti, ma la narrazione procede con calma, riuscendo a dare ampio spazio ad ogni argomento e a trattarlo in modo approfondito.

La conoscenza non pretende il rispetto di quanto scoperto, anzi, può essere l’inizio di una consapevole reazione. Conoscere le regole per eluderle, oppure per resistere loro con tutte le forze. Altrimenti che senso ci sarebbe nella vita se, per puro amore d’intelletto, una volta scoperto il nostro algoritmo ci limitassimo a seguirne le istruzioni sempre e comunque? Per stare al mondo bisogna imparare le regole del mondo, ma non è detto che si debba per forza rispettarle.

Lo stile dell’autore è molto dettagliato, ricco di descrizioni, di vocaboli ricercati e desueti. L’unico difetto del libro è che alcune volte la narrazione viene messa in pausa per parlare in modo troppo minuzioso di alcune tecnologie su cui lavorano il maniscalco e il mastro di forgia, come ad esempio succede nel quarto capitolo, che è quasi interamente dedicato alla descrizione degli zodion, le cavalcature dei cavalieri della Falange. Ma questo accade solo nella prima parte del libro.
Arma Infero è un libro che da una parte si concentra sugli studi e le ricerche scientifiche che Lakon e Karan fanno, dall'altra ha anche battaglie e vari momenti d’azione e avventura, soprattutto durante la seconda parte della narrazione.

Quanto è piccolo l’uomo, tanto sono grandi i suoi strumenti di guerra. Piccoli organismi dalla sconfinata presunzione, vaghiamo come parassiti aggrappati a una roccia lanciata nella vastità delle stelle… eppure disponiamo indiscriminatamente dello sconvolgente potere delle stelle e della materia stessa.




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